Serie A 2021 – giornate 1 – 2

4 Ottobre 2020

Le prime due giornate le scrivo pensando a Donatella, che mi ha chiesto di non smettere di raccontare il campionato – insieme ad altri, ma lei lo ha fatto in un modo irresistibile – e alla mitica Spal che quest’anno gioca in B.

Vincitori e vinti

Ricorderemo tra qualche decennio, quando ci saremo messi questi anni confusi alle spalle, che il vero vincitore del campionato 2019-20 è stato il Covid. Esso si candida come vincitore anche per il ’21. Il virus è riuscito laddove gli umani prima di lui avevano fallito più volte. Interrompere il campionato di calcio è un’impresa riuscita solo alle guerre. In Italia ce ne sono volute due, mondiali, perché ciò accadesse. Per il resto, covid-19 si insinua nelle debolezze e nelle crepe del sistema capitalistico, di una collettività tramutata in individualismo, come fanno i bimbi piccoli con i genitori. Se non si ha un piano B sono dolori.

Uomini cartonati

Per correre ai ripari, quelli che muovono i soldi legati al campionato e all’enorme indotto di aziende dipendenti dagli uomini in maglietta e calzoncini, si sono tuffati nel virtuale puro, un 4-3-3 invisibile tutto all’attacco. Il culmine di questa tattica si è avuto durante la finale di Coppa Italia tra Napoli e Juventus (correzione di Mauro, vedi nota) in cui chi guardava la partita in tv poteva ammirare, per così dire, uno stadio pieno di persone che esibivano cartoncini colorati. Solo che era tutto finto, riprodotto al computer.
La versione edulcorata del virtuale ha previsto che i tifosi di alcune squadre potessero inviare una propria foto, che la società avrebbe provveduto a stampare in dimensione molto grande per posizionarla in uno dei seggiolini vuoti dello stadio. Costo dell’operazione intorno ai 50 euro. A spese del tifoso, ovvio.

Quel che ho visto di persona

Ho visto le partite di Roma e Lazio in queste due giornate. Premio umanità alla Roma che pareggia a Verona all’esordio, ma perde la partita a tavolino perché hanno consegnato una lista di calciatori sbagliata all’arbitro. Cose da altri tempi, umanità fallace e un po’ cialtrona da apprezzare massimamente. Perché è di umanità che ha bisogno questo sport, non di stilisti che disegnino le magliette tutti gli anni per vendere lo stesso prodotto in una foggia diversa.

Ho apprezzato moltissimo almeno tre interventi difensivi di un centrale romanista nel pareggio interno con la Juve. Si chiama Ibanez, non ne avevo mai saputo nulla. In area di rigore riesce a districarsi con tempismo e senza rischiare. Di fronte ha avversari come Cristiano Ronaldo, Kulusevski o Alvaro Morata.

Bellissimo il gol di Kulusevski contro la Samp. Poi l’Atalanta che riparte da dove aveva finito: seppellendo di gol gli avversari, che si chiamino Benevento o Lazio. Va detto anche che l’Atalanta è sontuosa dal centrocampo in su, ma in difesa rischia più del dovuto e compensa con le maniere forti. Se l’arbitro acconsente, per gli avversari è tostissima e dolorosa.

Il povero Felipe Caicedo, invece, sopperisce alle amnesie mentali e fisiche di Immobile, segna, ma dopo il tuffo in area con la Fiorentina dello scorso anno non gli viene fischiato un fallo a favore neanche se arbitrasse Lotito. Cose che càpitano, Felipe, fattene una ragione.

Tutto il resto

Mentre il Genoa viene decimato dal Covid e lo Spezia vince la prima in serie A, gli Stati Uniti registrano l’inciampo dell’uomo forte, quello senza mascherina e senza paura. Trump e consorte varcano le soglie dell’ospedale, da noi invece l’ex Ministro dell’Interno viene processato a Catania per una ormai vecchia storia di navi bloccate al largo con migranti sopra. Con la consueta lucidità e pacatezza nostrana, l’esito del processo verrà definito giustizia a orologeria – come fu col “povero” Berlusconi -, oppure il sacrosanto esito di una vicenda assurda e Salvinimmerdafuoridallepalle. Non sarebbe meglio giocarsela su un campo di calcio?


Alla prossima, covid permettendo.

NOTA: Mauro Quadrelli veglia sui miei errori con una gentilezza e una precisione che se avessi la possibilità lo assumerei. Per vegliare su di me in generale, dico.