Romelu Lukaku – altezza 1,91 cm. peso kg. 93. Ciro Immobile – altezza 1,85 cm. peso kg. 85. Edin Dzeko – altezza 1,93 cm. peso kg. 80. Sono solo tre esempi, l’elenco potrebbe andare avanti a lungo. Non riesco a non far caso al fatto che una costante delle partite della serie A siano episodi in cui questi cristoni – gente che se ti passasse davanti in fila alla posta non li sposteresti neanche con una ruspa – al minimo contatto con un avversario cadono come fulminati a terra.
Le varianti sono molte: c’è chi si contorce come Cuadrado, che sembra sempre avere una frattura multipla e scomposta dentro a una gamba, o chi trascina un arto per decine di centimetri – come Immobile – per cercare il contatto con il povero portiere, che magari prende una ginocchiata sulla fronte e gli viene fischiato rigore contro.
Occorrerebbe una rivoluzione culturale da parte di tutti invece di prendersela con il Var, eppure anche gli allenatori più preparati non sembrano intenzionati ad andare oltre alla lamentela quando il singolo episodio danneggia la propria squadra.
Prendo Simone Inzaghi come esempio, citando un episodio in cui l’interista Vidal – un ragazzone cileno che sembra appena uscito da un quartiere dove bisogna sgomitare per sopravvivere – millanta di subìre un colpo tremendo in faccia e riesce così a far espellere l’avversario Immobile. “È stato più furbo”, commenterà Inzaghi. E no, non è stato più furbo. Solo lo scadente protagonista di una pantomima che vede coinvolti l’avversario e l’arbitro. Il quale, fosse un po’ più coraggioso di com’è, manderebbe tutti negli spogliatoi a futura memoria.
Nella noia cui ci costringono spesso le partite odierne, nonostante la quantità di gol molto elevata, si possono adottare dei piccoli stratagemmi. Uno che uso spesso consiste nel non seguire la palla ma un giocatore qualsiasi, possibilmente un centrocampista – che con tutta probabilità rimane più a lungo nell’inquadratura. Si capisce in questo modo qualcosa in più della versione moderna del gioco del calcio: i movimenti, l’andare incontro al portatore di palla oppure cercare uno spazio di campo libero tra le cosiddette linee difensive. E una delle cose che si porta a casa è la riflessione sul tempo.
In un’azione che dura una trentina di secondi, infatti, può capitare che un singolo tocchi la palla non più di mezzo secondo – ma magari sarà quel tocco che metterà il compagno solo davanti al portiere in area. Il concetto di “sport di squadra” emerge molto più nettamente – e anche l’idea che qualsiasi cosa si faccia è meglio cercare di non sprecare qualsiasi mezzo secondo a disposizione.
Questo tema mi porta a parlare del Sassuolo, che nella quinta giornata vince a Napoli candidandosi a un posto stabile tra le prime della classifica. La partita è molto bella, le due squadre sono ben allenate e hanno le idee chiare – il risultato, come si conviene alle belle partite, è quasi casuale. Potrebbero finire in qualsiasi modo, queste partite, e non ci sarebbe nulla di strano. Ma il Sassuolo che espugna il San Paolo è preciso, sicuro di sé, sa come contenere gli attacchi avversari.
Quei due lettori che ho mi prenderanno per matto, ma c’è un’azione del Sassuolo che parte dalla linea di fondo in difesa mentre i napoletani fanno un pressing asfissiante.
Con triangoli, passaggi corti, movimenti brevi ma continui dei compagni di squadra, il Sassuolo esce dalla zona critica del campo palla al piede, riuscendo ad impostare un’azione d’attacco che si conclude con un tiro dopo una ventina di passaggi. Straordinario, di questo dovrebbero parlare per mezz’ora in tv invece di appesantirci il cervello con le mille moviole su un rigore dubbio. Mi ha ricordato, fatte le debite proporzioni soprattutto per quel che riguarda il tasso tecnico dei singoli, le giocate del Barcelona di Xavi, Iniesta e Messi, quando gli avversari erano costretti a fare da spettatori non paganti perché la palla non la prendevano mai.
Tiene la testa della classifica il Milan che però prende tre gol in casa dalla Roma nel pareggio della quinta giornata. Del Milan ho già scritto che temo l’impatto sulla classifica di un possibile calo di rendimento di Ibrahimovic. La Roma invece sembra una squadra in salute, con un allenatore che ha in testa una sua idea precisa di come far giocare la squadra e non dipende particolarmente da un solo giocatore. Se Dzeko sta in panchina, insomma, c’è spazio per altri. La Roma mi sembra più libera da pensieri rispetto ad altre squadre e potenzialmente un’ottima concorrente della Juve detentrice del titolo.