Dice: che ci vuole, se sei la Juve, a vincere nove scudetti di seguito. E io penso che non la si possa fare così semplice. Ci vuole costanza, voglia di vincere intaccabile, capacità di scegliere i titolari e le riserve, qualche aiuto dagli arbitri – che per dirla tutta accompagnano da sempre, spesso e volentieri, le vittorie. E poi certo i soldi, ma dei soldi non amo parlare in queste righe: che almeno qui stiano sullo sfondo. Inizio così perché l’incerto campionato di quest’anno ha come protagonista senza dubbio l’incognita del Covid, che pesa come un lancio di dadi sulle formazioni che entrano in campo, ma anche una somiglianza con i campionati di serie B. Che per tratto distintivo hanno la vicinanza tra le squadre in classifica.
Si arriva all’ottava giornata con un attore principale: il Milan. Segue il Sassuolo, sorpresa ma neanche tanto del torneo, dato che gioca benissimo e dà due giocatori alla Nazionale. Le altre sono ancora avviluppate in un’alternanza di gioco e di risultati dalla quale mi sembra emerga solo la Roma. Ma non è affatto detto che le altre siano tagliate fuori: è troppo presto per le certezze.
Mentre si giocano queste giornate arriva la notizia della morte di Gigi Proietti, attore, comico, presentatore – colui che più di tanti altri è riuscito a mettere d’accordo la rissosa popolazione italiana su quanto ci mancherà. E, tra le altre cose, grande tifoso della Roma.
Mentre in alcuni quartieri della Capitale spuntano dalla notte al giorno bellissimi murales commemorativi – che meraviglia immaginare che i muri dei palazzi diano voce a una popolazione, al sentire finalmente comune -, la Roma si avvicina al vertice della classifica a suon di vittorie. L’allenatore Fonseca sembra aver trovato un’identità precisa per la sua squadra e quando i solisti come Mkhytarian riescono a esprimere il loro talento, per le avversarie sono pomeriggi o serate dolorose. Tra la settima e l’ottava la Roma passa sul campo del Genoa e in casa con il Parma: sei gol fatti, uno subito, risultati mai troppo in discussione.
Dall’altra parte del Tevere, tra le solite immancabili polemiche e accuse quando si parla di Lazio – che sia calcioscommesse, partite truccate, vincite miliardarie dall’altro capo del mondo, cordate di fantomatici imprenditori ungheresi, la squadra capitolina un suo spazio se lo ritaglia sempre – questa volta sono i risultati alterni dei tamponi anti Covid ad accendere gli animi. C’è un’inchiesta aperta, la Lazio rischia grosso oppure niente. Staremo a vedere. Nel frattempo la squadra sta lentamente tornando a somigliare a quella splendida che giocò una quindicina di partite a livelli infernali nello scorso campionato.
Di sicuro molto Inzaghi lo deve a Caicedo, uno arrivato come un perfetto sconosciuto e ormai abituato a entrare a mezz’ora dalla fine e risolvere le partite, o raddrizzarle, quando l’arbitro ha già il fischietto in bocca per il triplice fischio finale. Ma a prescindere dall’attacco, un dato sulla difesa mi incuriosisce: la Lazio ha preso tredici gol in otto giornate, sono tantissimi: dieci dei quali però concentrati in sole tre partite. Significa che nelle restanti cinque ne ha presi solo tre. In funzione di quale lato di questo dato prevarrà, anche la Lazio forse avrà qualcosa da dire ai vertici.
Il Milan si gode la vetta in solitaria con pieno merito, come non accadeva da tempo, ma nel frattempo arriva il primo grande intoppo del campionato: un infortunio muscolare al dio Ibra. Che fosse preventivabile non è un mistero: quello che dovrà dimostrare la squadra nelle prossime giornate è quanto vale quando giocano solo i comuni mortali.
Che dire del Torino, che segna tanti gol ma al contempo subisce rimonte impensabili? L’allenatore Giampaolo dice che è una questione da psicanalisti, io sono d’accordo con lui. Anche l’Inter a volte dà l’impressione di aver bisogno di un bravo specialista del cervello più che di un allenatore. Con i nerazzurri i risultati spesso sono in bilico più del dovuto, ma la classifica secondo me è dalla parte loro. Se rischiando di perdere spesso si trovano abbastanza in cima, vuol dire che qualora trovassero un minimo di tranquillità in più lo scudetto potrebbe non essere un traguardo impensabile, specialmente in una stagione in cui la Juve – per la prima volta dopo anni – risulta essere una squadra umana alla stregua delle altre. Le neopromosse Spezia e Benevento impressionano al di là dei risultati, scendono in campo con personalità, è abbastanza piacevole vederle giocare.
Certo, sarà dura senza Gigi Proietti. Ci rimane ancora Monica Vitti: non è poco.